venerdì 23 marzo 2012

The Daniel Radcliffe in Black. Ovvero, l'arte di riproporre gli avanzi.


    





Mia nonna, ed in parte anche mia mamma, continuano ad avere questa dote. Riescono, con pochi ed astuti accorgimenti, a riproporre il giorno dopo gli avanzi sotto una nuova luce. I miei occhi e le mie papille gustative hanno incontrato fettine di carne già conosciute, ma con sapori nuovi e a volte ancora più gustosi. Piatti di pasta al pomodoro trasformati in succulenti timballi con tutto dentro; risotti lavorati a mo' di crocchette (in questo caso non cambia solo il sapore, ma anche la forma); e come dimenticare la celeberrima crêpe con dentro la besciamella e il bollito tritato, la famosa palacinka di croata memoria?
Diciamoci la verità: una volta terminata la saga del maghetto più amato del mondo, tutti ci siamo un po' chiesti cosa avrebbero fatto gli attori. Una scenografia la puoi anche riciclare in qualcuno dei 3478000 teatri londinesi, ma un attore...tipo Radcliffe, dove minchia lo appoggi? Uno che da piccolo aveva la faccia da Harry Potter e che crescendo si è trasformato in un basso, tozzo e pelosetto inglese medio con scarsissime doti recitative, dove lo piazzi? Dove lo metti uno che ha sempre l'aria d'aver cacato poco? Dove lo collochi uno con la voce da schiarire e la sindrome da abbandono?
Idea! Facciamogli fare un ghost movie molto gotico, di quelli tanto tanto tanto inglesi, con le nebbie, la villa abbandonata nella palude (intelligentissimi questi architetti ottocenteschi, dove te la vanno a costruire una mega villa con il parco se non nel bel mezzo delle maree?), i cavalli che nitriscono, le bimbe infiocchettate che bevono il té, i carillon e le porte che cigolano. Facciamo gli originali anche nel titolo e chiamiamolo The Woman in Black.
Beh, forse è vero che il nuovo lavoro di James Watkins non vince per originalità, come già accaduto con il convincente Eden Lake, però il film è godibile, nonostante Radcliffe, il quale ha costantemente la stessa espressione dall'inizio alla fine. Non sa recitare, non sa comunicare, prendiamone atto e releghiamolo in qualche teatrino di periferia, perché nonostante gli sforzi per cambiargli il look, a cominciare dai capelli, rimane un attore incompiuto e decisamente poco portato, anche quando è diretto discretamente.
Il film invece funziona. E The Woman in Black rimane un horror di genere che non va più in là del dignitoso, ma che ci piace.

Pagellina:

regia 7/10
interpretazioni 5/10
sceneggiatura 6/10
colonna sonora n.c.

2 commenti:

  1. Bell'articolo, molto divertente e pungente. Io li odio però quei ricicli delle nonne e non solo di quelle... però ci hai preso in pieno in effetti l'operazione sottesa (mica tanto poi) è proprio questa!

    Un caro saluto,
    Emerald (sono anche sulla Settima Arte, non so se sei amica di Ivano, o sbaglio?)

    ps. ovviamente sei la benvenuta dalle mie parti quando vuoi

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  2. Ciao! chiedo scusa per il ritardo nella risposta, ma nel mio blog ci entro solo per scrivere post e quindi il tempo paaaassa :)

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