lunedì 23 novembre 2009

Inglourious Basterds

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SE NON AVETE VISTO IL FILM, NON LEGGETE!

L'ultimo film di Quentin Tarantino è il film che mi aspettavo. Finalmente il regista ci svela tutta la sua profonda e sfaccettata poetica, compiendo un trattato sul suo cinema e sulla sua idea di cinema, ma non solo. Chiude momentaneamente un cerchio, quello della vendetta, e ne apre un altro, quello dell'analisi politica.
Chi non ama molto questo regista, esce entusiasta dalla visione, perchè apparentemente la pellicola è meno tarantiniana. In realtà, c'è molto più Tarantino in questo film che in altri. Perchè ci racconta, attraverso le vicende dei bastardi senza gloria, il suo cinema. Questa volta usa un registro classico, basato su lunghi primi piani e sulla suspence.

Il primo capitolo è da delirio per qualsiasi cinefilo degno di questo nome. E' una sequenza perfetta come un diamante, priva di qualsiasi sbavatura. L'autore inserisce in uno scenario che ricorda i film western, un meccanismo a orologeria e un gioco delle parti che farebbe impallidire Hitchcock (io me lo vedo in paradiso che sorride estasiato). E come se non bastasse, riesce pure a inserire un tocco ironico di un simbolismo e di una portata fenomenale, l'enorme pipa ricorda un po' il sigaro megagigante kubrickiano del film "Il Dottor Stranamore". La scelta dei tempi e delle inquadrature, nonchè la potenza dei dialoghi tra il Colonnello Landa delle SS e il povero contadino che nasconde sotto le tavole di legno del pavimento una famiglia di ebrei, fanno di questa scena una delle più belle, non solo di questo film, ma di molti altri film visti negli ultimi anni.
Il secondo capitolo vira, una sporca dozzina, anzi, una manciata di ebrei incazzati reclutati dall'americano un po' tonto ma determinato, signore e signori: I Bastardi. Poi interruzione brusca e terzo capitolo: entrata in campo a metà tra il parodistico e il serio, piena zeppa di metafore e riferimenti storici, l'odiato Fuhrer. E poi Parigi, il cinema, il reclutamento dei bastardi. Fino ad arrivare ad una altra scena splendida: quella della taverna francese. Qui si arriva i livelli del primo capitolo. E' pazzesca la tensione, sono pazzeschi i dialoghi, tutto claustrofobico, girato in meno di tre metri. Si sa che la quiete precederà la tempesta, lo si intuisce, ma non si sa come, non si sa quando. L'autore gioca con lo spettatore e con il film. Prima ti illude, ti fa credere che sta per accadere, e tu pensi "beh, adesso succede", poi ti rassicura, e tu pensi "ah no, allora non succede", poi però un particolare di porta a pensare "ecco, succede, ma quando?" e rimani sui carboni ardenti, fino al momento in cui tutto esplode. Un sospiro di sollievo: la tortura della suspence è finita. Questo è cinema.

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Altra scena indimenticabile: la preparazione della vendetta. Una Melanie Laurent molto brava nei panni di Shoshanna, si prepara, si veste di rosso (in tutta la scena c'è un gioco tra nero e rosso, tanto per inserire l'ennesimo simbolismo), si segna il viso come i guerrieri indiani, e tutto sulle note di !Cat People" di David Bowie (l'ennesima dimostrazione di come Tarantino sia un genio anche nella scelta della sua colonna sonora). Molto importante è anche come Shoshanna decide di vendicarsi: lei usa il cinema, si gira un minifilm, decide di bruciare le pellicole per mettere in atto il suo piano.

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La scena in cabina di proiezione: in pochi minuti non solo sintetizza tutta la sua poetica sulla donna, ma riesce a spiegare cos'è il cinema, cos'è l'illusione. E' una delle scene più struggenti e romantiche di tutto il film; c'è amore.
L'autore ci mostra quanto il cinema possa far percepire reali delle pure finzioni. Il soldato tedesco in quel momento non è più lui, ma è lui che interpreta se stesso in un film. Questo è un gioco cinematografico subdolo per chi guarda, perchè perdi la cognizione di cosa è reale e di cosa è finzione. La finzione che supera la realtà. E' un tema su cui si potrebbe fare un intero film di tre ore, e Tarantino con una sequenza lo illustra perfettamente in pochi minuti. Lei perde la vita perchè si è fidata della finzione cinematografica, ci ha creduto. Cosa ne consegue? Ad ognuno la propria riflessione.
Poi c'è odio: il cinema gremito dei peggiori gerarchi nazisti, e quindi dei peggiori esseri della storia dell'umanità, si esalta come un branco di troll di fronte ad una preda. Guardano le immagini che glorificano le gesta del loro eroe, e si eccitano, sbraitano e sbavano. Fino alla conclusione, magnifica. Quando uno schermo con una faccia, quella della vendetta, brucia, e non brucia casualmente, ma per mano di quello che è considerato un reietto della società. E così l'autore regala al pubblico una delle immagini più potenti di tutta la sua cinematografia.
Con le pellicole che bruciano (e anche con le scene di Shoshanna che gira il film), Tarantino vendica un cinema di regime, fatto per compiacere, che non ha niente di personale, vincolato e non libero: un cinema che si prostituisce. Nella scena finale di "Death Proof" (la sua pellicola precedente) le ragazze vendicano, uccidendo lo stuntman maniaco, tutti i clichè di un genere cinematografico che le ha fatte apparire oggetto, prima che persone.
L''unico strumento di vendetta che Tarantino ha in mano (e non solo lui, ma anche lo spettatore) è il suo cinema. Lo dicono le bobine che bruciano, lo dice la morte della feccia dell'umanità chiusa, appunto, in una sala cinematografica; lo dice il lieto fine (volutamente non storico). Insomma, il cinema ci regala la vendetta che abbiamo sempre sognato e tanto auspicato, il cinema ci regala le illusioni slacciandoci completamente dalla realtà, e noi lo amiamo anche per questo.
Il film "Le iene" tratta di una rapina, ma non fa vedere nemmeno una sola immagine della rapina. "Bastardi senza gloria" parla dei bastardi, ma in effetti sono solo accennati questi famosi bastardi, non sono i protagonisti. E' un film che basa le sue tematiche anche sullo shoah e quindi sulle nefandezze naziste, ma queste non vengono mai mostrate (eccetto la scena iniziale, che però non è esplicita, in quanto la famiglia di ebrei è coperta dalle tavole del pavimento). Questo è Tarantino, non ha bisogno di mostrare, ma valuta talmente tanto lo spettatore, che sa che non ha bisogno di far vedere ciò che è sottinteso.
Bastano pochi cenni, poche pennellate. Dietro ogni personaggio di questo bellissimo capolavoro, si avverte che c'è una storia da raccontare, ci si potrebbe fare un film per ciascuno, proprio perchè è palpabile lo spessore di ognuno. I caratteri sono molto imprimenti, l'autore è capace di comunicare perfettamente la personalità di ognuno, senza arrovellarsi in complicati dialoghi o situazioni, ma mostrando piccoli e apparentemente superficiali dettagli. Una cicatrice, l'amore per il latte (ma quanto la dirà lunga che un colonnello delle SS sia così fissato col latte?), le sigarette accese una dopo l'altra, strani cappellini, ecc.
Ebbene, non è solo in questo film che lo fa, l'ha sempre fatto. Prendendo il tanto criticato "Death Proof" (che ritorna sempre parlando di Inglourious Basterds), noi abbiamo otto ragazze protagonista. In due ore di film riusciamo, attraverso dialoghi stupidi ed inutili solo in apparenza, a delineare perfettamente, non solo il carattere delle otto, ma anche le abitudini, i vizi, le passioni, le manie, la loro vita sentimentale. Questa è una delle grossissime capacità di Tarantino, è il suo linguaggio, nuovo rispetto al cinema tradizionale, ma assolutamente riuscito.
Come rimanere indifferenti, inoltre, davanti all'interpretazione dello sconosciuto Christoph Waltz nei panni del Colonnello Landa? Che Tarantino avesse la capacità di resuscitare attori sull'orlo del completo fallimento, lo sapevamo già. Ma non sospettavamo che riuscisse a prendere un attore quasi sconosciuto al pubblico internazionale, e a trasformarlo in un mostro di bravura.

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C'è una verità storica, e quella è inconfutabile. Poi c'è una finzione cinematografica, e su quella tu puoi sbizzarrirti (tu regista, e tu spettatore). Mantenendo salde le certezze storiche, e cioè conoscendo ciò che la storia ci ha lasciato. In questo senso il film compie una sterzata rispetto allo svolgersi reale degli eventi storici, e la fa in maniera intelligente. L'autore non si limita a sorprenderci di sorpresa, ma grazie al finale, attua un'acuta analisi politica, e non legata solo al nazismo, ma valida e applicabile in qualsiasi contesto. Il Colonnello Landa, diventa alla fine, l'autore dello sterminio dei nazisti. Non lo fa materialmente, ma impartisce un ordine, fa un patto, tradisce ciò che è. Perchè i nazisti non hanno codici morali da rispettare, hanno solo codici legati alla morte. L'ambizione è qualcosa che travolge qualsiasi uomo di potere o che ambisce al potere. Non esiste potere senza ambizione, così come non esiste moralità o codici da rispettare per arrivare al potere e alla gloria. Solo i bastardi hanno delle regole che rispettano, perchè loro non ambiscono, ma vendicano. Analizzando ogni passaggio e ogni ruolo del film, l'analisi politica viene fuori, e alla fine si capisce quanto il gesto del Colonnello Landa sia in realtà devastante. Perchè se da un parte finisce la guerra, dall'altra il suo gesto comunica tutte le contraddizioni dei poteri forti. A me ha fatto molto pensare.

Questo temo sia il film più maturo di Tarantino, quello sicuramente più riflettuto. Molte delle cose che lui ci comunica apertamente in questa pellicola, sintetizzano la sua poetica e la sua idea di cinema. E' una dichiarazione aperta del suo pensiero. Molto meditato, e poi girato in tempi velocissimi, come se Tarantino avesse improvvisamente trovato la chiave da inserire nella serratura e volesse subito aprire la porta, per vedere aldilà. E credo che dalla risposta del pubblico, si possa ritenere soddisfatto.

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